Collocazioni e creatività linguistica

Lo scrittore francese Jacques LaCarrière ha detto che si ha poesia quando due parole si incontrano per la prima volta. Proprio l'opposto di quanto suggerisce il DCL, che riporta invece le combinazioni di parole di uso frequente e consolidato.

Ma proprio in quanto illustra la parola nei suoi possibili contesti e scenari (oggi si direbbe frames) un dizionario delle collocazioni potrebbe a volte offrire spunti anche a un bravo onomaturgo (per usare l'espressione di Migliorini) stimolandone la creatività in modo più o meno diretto.

Viggiano

Faccio un esempio concreto. Mi viene in mente uno dei versi più famosi della poesia italiana: "e il naufragar m'è dolce in questo mare". Sotto la voce "naufragare" non si troverà sicuramente nel DCL l'avverbio dolcemente (*naufragò dolcemente nel mare in tempesta). Nessun "dolce naufragare" potrà mai essere trovato consultando un dizionario di collocazioni.

Tuttavia, nominalizzando l'espressione otterremo misero naufragio, un'espressione che troviamo già in un poema maccheronico del '700 (I Cantici di Fidenzio). Sul fatto che l'espressione misero naufragio costituisca una collocazione nel senso linguistico del termine non ci sono dubbi. Una delle caratteristiche delle collocazioni è infatti che il collocato (in questo caso "misero") assume nell'espressione un significato figurato spesso con una speciale connotazione: nessuno dei significati figurati di solito assunti da questo aggettivo (secondo GRADIT: gracile; di scarso valore; spregevole) danno infatti conto della particolare sfumatura assunta dall'aggettivo in questa espressione; e di fatto la vediamo usata in sintagmi come un progetto, un matrimonio sfociato in un misero naufragio; un tentativo naufragato miseramente. Notiamo pure che questa combinazione è possibile solo se anche "naufragio" viene usato metaforicamente (ossia applicando implicitamente la figura retorica della similitudine).

Il fatto che, per la loro natura di espressioni, le collocazioni utilizzino appieno gli espedienti della retorica ci porta avanti di un passo verso la creatività, senza ovviamente pretendere di insegnarla.

Cosa sono le “collocazioni”

Il termine "collocazioni", coniato in linguistica sul modello dell'inglese collocation, indica associazioni preferenziali di parole, che non formano un'espressione idiomatica, ma non sono neanche "combinazioni libere".

Si consideri ad esempio la sequenza cercare le chiavi. Ci troviamo in questo caso di fronte a una combinazione libera perché il verbo cercare può essere utilizzato con qualunque cosa, concreta o astratta, che è possibile perdere o smarrire (perdere le chiavi, perdere la propria identità).

Se per contro consideriamo l'espressione vuotare il sacco si vedrà che l'espressione non è composizionale, in altre parole non è possibile analizzare il suo significato in base al significato dei suoi componenti. È' quello che si dice una espressione idiomatica.

Ebbene, le collocazioni si collocano a metà fra questi due estremi, da un lato le combinazioni libere e dall'altro gli idiomi. Esempi: bandire un concorso (e non *lanciare un concorso), cadere in desuetudine (e non *andare in desuetudine). Si può però a giusto titolo parlare di espressioni, per il fatto che, se si parte da uno dei due costituenti - negli esempi precedenti il nome - la scelta della parola da abbinare – negli esempi il verbo - è di fatto condizionata dall'uso linguistico.

La conclusione che si può trarre è che le parole di una lingua non sono liberamente combinabili, esistono sempre delle restrizioni lessicali.

È come se per costruire un edificio linguistico (il testo) la lingua prediligesse l'uso di moduli prefabbricati. Ma allora si può parlare di creatività linguistica?
È quello che farò nel prossimo post...